Ciò che ho imparato dagli strangolamenti nel Judo

Ho praticato judo per 9 anni ed ho conseguito la cintura nera 1° dan, la parte che mi è sempre piaciuta di più del judo è la lotta a terra (ne-waza in gergo giapponese) e sostanzialmente ci sono 2 modi per sottomettere l’avversario a terra: le leve articolari e gli strangolamenti.

Perché ti racconto questo ?

Perché nella vita di ognuno di noi ci sono momenti in cui ti senti… strangolato.

Agli inizi, quando l’avversario riusciva a strangolarmi, cercavo in tutti i modi di divincolarmi. Con l’agitazione e lo sforzo, in realtà facevo peggio, perché il collo e la vena giugulare si ingrossavano ancora di più, aumentando la velocità in cui mi dovevo arrendere (o svenivo).

Ho scoperto sulla mia pelle (pardon… collo), che paradossalmente ciò che dovevo fare era ammettere che ero incastrato e… rilassarmi il più possibile e fidarmi che potevo trovare un modo.

Staccare la reattività del “Oddio, oddio sto per soffocare“, mi permette di nuovo di sentire il resto del corpo (oltre la ovvia stretta sul collo e la mancanza di ossigeno) e in questo modo percepire dove la stretta è più forte (per bloccare la sua azione infilando una mano) e poi sentire dove c’è un punto di debolezza nella presa dell’avversario. Per coglierlo ci vuole una buona sensibilità (oltre che ovviamente una buona pratica), che è impossibile percepire se sei nella fuga (“Oddio, oddio“) o se sei in attacco (azioni brusche in cui cerchi di buttare tutta la tua forza).

Nel judo, come nella tua trasformazione personale, quando ti senti strangolato:

  • Ammetti che sei incastrato
  • Paradosso: Rilassati e Fidati (se scegli di farti guidare da qualcuno: affidati)
  • Senti
  • Fai
  • Senti
  • correggi
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