La caviglia dolorante

Ieri sono andato al mare a fare una delle cose che mi piace di più fare ultimamente: imparare a correre sulla battigia, lasciare cadere una tavola, saltarci sopra e scivolare sull’acqua per più tempo possibile. Viene chiamato skimboarding.

Durante una di queste corse ho messo male un piede ed ho continuato a fare le corse e surfate. Sono anche tornato a casa in skateboard, soltanto dopo cena, quando mi sono disteso in divano per guadare la TV con la mia famiglia, ho sentito un fastidio al piede destro. Quando è stato il momento di andare a letto e mi sono alzato dal divano, non riuscivo ad appoggiare il piede a terra dal dolore.

Non riuscivo a capire QUANDO mi sono fatto male: altre volte con lo skimboard ho fatto dei capitomboli notevoli, procurandomi escoriazioni sul gomito e sull’anca, ma ieri no, quindi non capivo.

Eppure è un meccanismo di sopravvivenza che conosco bene: quando facciamo un incidente, cadiamo da una bici, facciamo a botte, insomma quando succede qualcosa che ci spaventa e in cui ci facciamo male, il nostro corpo rilascia degli ormoni che ci fanno sentire meno il dolore. In chiave evolutiva questo ci ha permesso di finire i combattimenti e portare le nostre chiappe alla nostra tana, dove poi potevamo curarci le ferite.

Questo è il motivo perchè il dolore di una botta lo sentiamo solo ore dopo o addirittura il giorno dopo.

Il guaio è che questo meccanismo che ci ha permesso di sopravvivere nella savana 40.000 anni fa è attivo tuttora oggi, ma è molto meno efficace, anzi ci si ritorce contro nella vita frenetica e stressante che viviamo oggi giorno.

A causa dello stress vediamo “tigri con i denti a sciabola” in continuazione, facendo secernere al nostro corpo un sacco di cortisolo ed adrenalina che alzano enormemente la soglia degli stimoli che sentiamo, inibendo sì di percepire il dolore fisico, ma anche tutte le altre sensazioni fisiche.

E questo è un grosso guaio, perchè qualsiasi performance, anche quelle che ritieni siano puramente mentali, come per esempio superare degli esami, scrivere dei programmi per i computer, trovare soluzioni a problemi ingegneristici sono sempre delle performance corporee, nel senso che coinvolgono sempre tutto il corpo.

Noi abbiamo un corpo e la performance che generiamo è determinata da come siamo quando facciamo le cose. La nostra configurazione soma-semantica determina i filtri cognitivi da cui operiamo.

Ecco, le persone vengono da me quando vogliono performare meglio e assieme facciamo un lavoro per riabbassare di nuovo quella soglia di insensibilità, per riportarti nella configurazione come sei, quando sei al meglio.

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